Temistocle
2008-07-28 19:44:46 UTC
Chiunque abbia in testa un progetto, sappia mettere l'anima in azione
ed apportare un cambiamento, chiunque crei contesti che facilitino le
trasformazioni, magari attraverso la creatività che gli è propria, è un
Animatore. Il più grande di tutti lo chiamarono "Creatore".
Mi rendo perfettamente conto di quanto sia arduo sostenere un
cambiamento. Ancor più mi rendo conto di quanto sia difficile
l’attuarlo. Quello che so’ è che un cambiamento è sostenibile nel
momento in cui un sistema entra in crisi. Tutto il percorso storico è
stato caratterizzato da un sistema gerarchizzato. Se posso prendere a
prestito una metafora usata da uno studioso che stimo, possiamo dire
che fin ad ora il sistema era simile ad una piramide al cui vertice era
collocato il potere e che in tempi antichi era rappresentato, se non
incarnato, da un individuo. Poi, nel desiderio secolarizzante vi si
sono insediate oligarchie, lobbyes e burocorporazioni. I mattoni che
compongono la piramide sono comparti ordinati da rapporti gerarchici di
reddito, status e potere. In questo sistema l’ambiguità è nulla o quasi
in quanto basato sulla linearità dei movimenti, sulla prevedibilità. E’
un sistema basato sulla “certezza”. Va però aggiunto che questo sistema
era sostenibile in un ambiente a bassa complessità. L’Evo post-moderno
è invece l’Evo della complessità, della velocità, delle connessioni,
dei policentrismi, della pluridirezionalità, della trasformazione di
idee. Si affaccia l’immaterialesimo. Consumiamo più beni immateriali
che beni tangibili. L’ISTAT ci dice che drasticamente calano nelle
famiglie medie italiane i consumi sul fronte calzaturiero,
dell’abbigliamento, e via dicendo ma aumentano invece i consumi sul
fronte delle telecomunicazioni; internet, cellulari et cetera. Il
problema è che i mattoni di quella piramide nell’attuale sistema sono
oramai svincolati dal quel vertice unico. E’ come se la piramide fosse
esplosa ed ogni mattone se ne va per suo conto ma, mentre se si
trattasse di un frattale avrebbe in sé la capacità di dar conto del
tutto, in questo caso ogni mattone si rivela non autosufficiente. E’
chiaro che in questo scenario di ipercomplessità sistemica emergono
assieme alle contraddizioni anche i conflitti ed un certo disordine. I
mattoni non possono più essere riassemblati con i vecchi sistemi
disciplinari poiché è solo la interdisciplinarità che può rendere
chiaro ad ogni parte la valenza del tutto. Ragionare quindi, non più
per comparti ma, tra comparti. Le parole d’ordine da avanzare in questo
sistema psicotico sono; negoziazione continua, connessione e
facilitazione alla connessione.
Ragionare tra comparti significa mettere in connessione: pubblico e
privato, sociale ed economico, sanitario ed educativo, produttivo e
commerciale e via dicendo.
Al momento quindi si prospettano due strade. Una vedrebbe di buon grado
il ritorno verso un sistema gerarchizzato, pseudo imperiale e
verticale. Un sistema totale, adagiato su dogmi e costruito su sistemi
lineari. Per avere questo abbiamo però bisogno di eludere l’incertezza,
di evitare l’ambiguità ed allontanare la pluriculturalità a favore di
un pensiero unico. A mio parere si tratta di azzerare o rendere minima
l’ipercomplessità e, ciò non è più possibile.
Per l’altra strada, che è quella che io indico, occorre che l’individuo
per la prima volta nella storia, si attrezzi ed acquisisca competenze
ulteriori. Non è più sufficiente saper navigare bene un certo mare,
occorre essere attrezzati per poter navigare su mari differenti. Ad una
cultura duale si interpone una cultura di gruppo con sviluppi
orizzontali ed in cui ogni parte si sente soggetto ed artefice di un
cambiamento frutto di negoziazioni continue “qui” ed “adesso”. La
logica delle connessioni che sostituisce la gerarchizzazione, ha
bisogno di facilitatori. Questo non potrà non portare ad una
diminuzione dei livelli di delega e ad una flessibilità delle forme
statuali. Il nuovo cittadino sarà quindi pluriappartenente, soggetto
anziché assoggettato.
E’ chiaro che la prima strada sia la più semplice e veloce esonerandoci
dallo sforzo negoziale e concedendo deleghe che ci permetterebbero di
impegnarci meno, di assumerci meno certe responsabilità e, per ciò
stesso, di indirizzare le colpe verso un capro espiatorio. Ma è una
strada segnata dalla forza della coercizione e che riattualizza un
sistema totale ed imposto dall’alto, verticale e che guarda al passato
e, se vogliamo, a culture ottocentesche. Se, come suggerisce Di Pietro
oggi, si potesse parlare di post-ideologia questo presupporrebbe l’aver
preso atto che le idee abbiano avuto modo di connettersi, di comunicare
tra loro e negoziare i nuovi bi-sogni facendo in modo che le genti, nel
riprogettare il futuro, tornino ad avere la capacità di perseguire
sogni. Ma il tessuto è mutato ed il connessionismo è una risposta alla
nevrosi imperante che, per timore, si chiude ed erige barriere ad altre
possibilità viste come rischiose. Occorre quindi un metodo ed invece
che post-ideologie occorre forse noi si parli di new-ideologie.
Occorre quindi un Animatore, un vero Animatore, anche in politica. Un
tecnico che sappia facilitare le connessioni attrezzato delle dovute
competenze.
Saluti,
Temistocle
ed apportare un cambiamento, chiunque crei contesti che facilitino le
trasformazioni, magari attraverso la creatività che gli è propria, è un
Animatore. Il più grande di tutti lo chiamarono "Creatore".
Mi rendo perfettamente conto di quanto sia arduo sostenere un
cambiamento. Ancor più mi rendo conto di quanto sia difficile
l’attuarlo. Quello che so’ è che un cambiamento è sostenibile nel
momento in cui un sistema entra in crisi. Tutto il percorso storico è
stato caratterizzato da un sistema gerarchizzato. Se posso prendere a
prestito una metafora usata da uno studioso che stimo, possiamo dire
che fin ad ora il sistema era simile ad una piramide al cui vertice era
collocato il potere e che in tempi antichi era rappresentato, se non
incarnato, da un individuo. Poi, nel desiderio secolarizzante vi si
sono insediate oligarchie, lobbyes e burocorporazioni. I mattoni che
compongono la piramide sono comparti ordinati da rapporti gerarchici di
reddito, status e potere. In questo sistema l’ambiguità è nulla o quasi
in quanto basato sulla linearità dei movimenti, sulla prevedibilità. E’
un sistema basato sulla “certezza”. Va però aggiunto che questo sistema
era sostenibile in un ambiente a bassa complessità. L’Evo post-moderno
è invece l’Evo della complessità, della velocità, delle connessioni,
dei policentrismi, della pluridirezionalità, della trasformazione di
idee. Si affaccia l’immaterialesimo. Consumiamo più beni immateriali
che beni tangibili. L’ISTAT ci dice che drasticamente calano nelle
famiglie medie italiane i consumi sul fronte calzaturiero,
dell’abbigliamento, e via dicendo ma aumentano invece i consumi sul
fronte delle telecomunicazioni; internet, cellulari et cetera. Il
problema è che i mattoni di quella piramide nell’attuale sistema sono
oramai svincolati dal quel vertice unico. E’ come se la piramide fosse
esplosa ed ogni mattone se ne va per suo conto ma, mentre se si
trattasse di un frattale avrebbe in sé la capacità di dar conto del
tutto, in questo caso ogni mattone si rivela non autosufficiente. E’
chiaro che in questo scenario di ipercomplessità sistemica emergono
assieme alle contraddizioni anche i conflitti ed un certo disordine. I
mattoni non possono più essere riassemblati con i vecchi sistemi
disciplinari poiché è solo la interdisciplinarità che può rendere
chiaro ad ogni parte la valenza del tutto. Ragionare quindi, non più
per comparti ma, tra comparti. Le parole d’ordine da avanzare in questo
sistema psicotico sono; negoziazione continua, connessione e
facilitazione alla connessione.
Ragionare tra comparti significa mettere in connessione: pubblico e
privato, sociale ed economico, sanitario ed educativo, produttivo e
commerciale e via dicendo.
Al momento quindi si prospettano due strade. Una vedrebbe di buon grado
il ritorno verso un sistema gerarchizzato, pseudo imperiale e
verticale. Un sistema totale, adagiato su dogmi e costruito su sistemi
lineari. Per avere questo abbiamo però bisogno di eludere l’incertezza,
di evitare l’ambiguità ed allontanare la pluriculturalità a favore di
un pensiero unico. A mio parere si tratta di azzerare o rendere minima
l’ipercomplessità e, ciò non è più possibile.
Per l’altra strada, che è quella che io indico, occorre che l’individuo
per la prima volta nella storia, si attrezzi ed acquisisca competenze
ulteriori. Non è più sufficiente saper navigare bene un certo mare,
occorre essere attrezzati per poter navigare su mari differenti. Ad una
cultura duale si interpone una cultura di gruppo con sviluppi
orizzontali ed in cui ogni parte si sente soggetto ed artefice di un
cambiamento frutto di negoziazioni continue “qui” ed “adesso”. La
logica delle connessioni che sostituisce la gerarchizzazione, ha
bisogno di facilitatori. Questo non potrà non portare ad una
diminuzione dei livelli di delega e ad una flessibilità delle forme
statuali. Il nuovo cittadino sarà quindi pluriappartenente, soggetto
anziché assoggettato.
E’ chiaro che la prima strada sia la più semplice e veloce esonerandoci
dallo sforzo negoziale e concedendo deleghe che ci permetterebbero di
impegnarci meno, di assumerci meno certe responsabilità e, per ciò
stesso, di indirizzare le colpe verso un capro espiatorio. Ma è una
strada segnata dalla forza della coercizione e che riattualizza un
sistema totale ed imposto dall’alto, verticale e che guarda al passato
e, se vogliamo, a culture ottocentesche. Se, come suggerisce Di Pietro
oggi, si potesse parlare di post-ideologia questo presupporrebbe l’aver
preso atto che le idee abbiano avuto modo di connettersi, di comunicare
tra loro e negoziare i nuovi bi-sogni facendo in modo che le genti, nel
riprogettare il futuro, tornino ad avere la capacità di perseguire
sogni. Ma il tessuto è mutato ed il connessionismo è una risposta alla
nevrosi imperante che, per timore, si chiude ed erige barriere ad altre
possibilità viste come rischiose. Occorre quindi un metodo ed invece
che post-ideologie occorre forse noi si parli di new-ideologie.
Occorre quindi un Animatore, un vero Animatore, anche in politica. Un
tecnico che sappia facilitare le connessioni attrezzato delle dovute
competenze.
Saluti,
Temistocle
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http://temistocliadi.blogspot.com/
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