Arduino
2009-07-08 19:41:46 UTC
La madre di Federico: «Ora quei quattro non devono più indossare la divisa»
FERRARA (6 luglio) -
«Volevo che a mio figlio fossero restituiti giustizia, rispetto e dignità.
Adesso tutti i poliziotti che hanno parlato male di Federico dovranno
ricredersi e chiedere scusa.
Non era un drogato, era un ragazzo di 18 anni che amava la vita e che quella
mattina non voleva morire».
Così Lino Aldrovandi, il padre di Federico, ha commentato la sentenza.
«Ma nessuno potrà restituirmi Federico.
Ora voglio soltanto restare solo con mio figlio», ha aggiunto.
Patrizia Moretti, la mamma del giovane, alla lettura della sentenza non ha
trattenuto le lacrime: «Eravamo convinti della colpevolezza dei quattro
poliziotti, ora il tribunale lo ha sancito e così doveva essere.
Ci sono stati momenti in cui ho avuto paura che se la potessero cavare, ma
in fondo ci ho sempre creduto.
Ora quei quattro non devono più indossare la divisa».
http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=19678&sez=HOME_INITALIA&npl=&desc_sez=
Notizia inserita il 6/7/2009
L'ispettore Solito:
''Sono solo e certa gente è capace di tutto''
Lettera di un poliziotto ad Aldro
"Gente che è arrivata a fare quello che ha fatto è capace di tutto".
Sono le parole di un poliziotto.
Un poliziotto che parla di altri poliziotti, suoi colleghi con i quali da
quasi quattro anni non riesce ormai a convivere più.
Sono le parole che Nicola Solito, ispettore della Digos in forza alla
questura di Ferrara, ha scritto in una lettera indirizzata a Federico
Aldrovandi.
Una busta con tre fogli consegnati questa mattina - prima dell'inizio
dell'udienza
definitiva - a Stefano, il fratello di Federico Aldrovandi, prima di sapere
come finirà il processo che vedeva imputati quattro agenti di polizia.
Si ricorderà che fu proprio Solito - chiamato dai colleghi per sapere se
conosceva il ragazzo deceduto (all'inizio si pensò potesse appartenere ai
centri sociali) - a riconoscere il cadavere di Federico in via Ippodromo.
E toccò a lui l'ingrato compito di avvisare la famiglia, diverse ore dopo,
di quanto era accaduto.
Da allora "non c'è notte e giorno che non ti penso - scrive l'ispettore -;
ho sempre davanti agli occhi quella tremenda immagine del tuo corpo senza
vita.
Nonostante il lavoro che faccio, non ci si fa mai l'abitudine a certe
scene e con te è stato devastante perché ti conoscevo".
Solito ricorda anche la scena straziante che fu costretto a vivere, proprio
lui, amico da anni della famiglia:
"Ho davanti agli occhi lo strazio di tuo padre che, inginocchiatosi davanti
mi stringeva forte le gambe urlando:
"Dimmi che non è vero Nicola. dimmi che è uno dei tuoi scherzi.".
Sarebbe stato uno scherzo troppo crudele.
Tante volte quella mattina ho pregato Dio di essere ancora nel mio letto,
che quello che stavo vivendo era un brutto sogno.
Purtroppo era vero.
Con i tuoi genitori abbiamo deciso di non vederci e frequentarci
più per motivi di opportunità, perché non volevamo che qualcuno, nel vederci
insieme, potesse pensare o credere chissà che cosa.
È stata una decisione sofferta ma opportuna.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno e io non ho potuto stargli
accanto".
La lettera continua con un rimprovero implicito a chi intervenne quella
notte.
"Il tuo, era e doveva essere il più semplice degli interventi - si
legge - che una forza di polizia può affrontare e risolvere.
Quella mattina potevi essere chiunque, il figlio di chiunque, la persona
più onesta o disonesta di questo mondo.
Quando ci si trova di fronte a una persona nelle condizioni in cui ti hanno
descritto, la prima cosa da fare è chiamare un'autoambulanza con medico al
seguito.
Nel frattempo si prova a dialogare con chi ti sta di fronte per cercare di
calmarlo, di tranquillizzarlo.
Se poi è violento o diventa violento ci si allontana, ci si chiude in
macchina chiedendo rinforzi.
Una volta arrivato il medico, con questi si concorda su come intervenire.
Di solito si immobilizza il soggetto e il medico pratica un'iniezione con
del calmante.
C'era solo questo da fare e nient'altro".
Quello che è invece accaduto "quella mattina e da quella mattina in poi è un
incubo - continua Solito -.
In tutto quel tempo ho dovuto fare i conti con me stesso e con tutto quello
che mi circonda, da una parte l'uomo e dall'altra il poliziotto, perché io
ero "l'amico" e per questo ho subito gratuitamente delle minacce, battute e
commenti fuori luogo.
Quante volte ho dovuto stringere i denti, fare finta di niente, fare finta
di non aver sentito".
Solito fu chiamato anche in causa come testimone, nell'ipotesi - rivelatasi
poi infondata - che potesse aiutare la ricostruzione dibattimentale.
"Sono fatti, eventi che ti segnano - continua la lettera -, ti sconvolgono
radicalmente la vita, ti sfiancano, specialmente dopo la mia deposizione,
quando qualcuno ti manda a dire:
"purtroppo l'onestà non paga mai!",
come se nella vita a un certo punto devi essere obbligato o forzato a fare
delle scelte o a schierarti, perché non hanno ancora capito che non si
tratta di andare contro il "sistema", di fare il paladino della situazione".
Una situazione che ha "fiaccato" umore e sentimenti dell'ispettore, che
confessa come "si tratta di essere uomini dalla testa ai piedi, perché io la
mattina voglio guardarmi allo specchio e, la sera, quando vado a letto, devo
e voglio dormire con la coscienza a posto.
Son arrivato al punto di non avere più fiducia in nessuno, a non sapere più
di chi fidarmi.
Ho scelto di continuare a essere onesto e sincero come lo sono sempre stato,
a dire spietatamente sempre quello che penso e assumendomi sempre tutte le
mie
responsabilità".
Assunzione di responsabilità non senza conseguenze, se è vero che "questo mi
ha portato ad allontanare inconsciamente e volutamente le persone a cui
voglio bene, le persone che amo, per paura che, quanto mi è accaduto e mi
sta accadendo, che le mie scelte, possano di riflesso e in qualche modo
arrecargli del danno, del male, che possano subire delle rivalse, delle
ripicche.
Gente che è arrivata a fare quello che ha fatto è capace di tutto".
Solito si è portato tutto questo dentro e ha deciso solo la mattina
dell'ultima
udienza di confessare in un foglio tutto questo:
"questa mattina, per la "sentenza", come quella maledetta mattina del 25
settembre, sono e mi sento solo e da solo ho deciso di essere al fianco di
tuo padre Lino, di tua madre Patrizia, di tuo fratello Stefano.
La sentenza, non mi interessa, qualunque essa sia.
Da oggi in poi, mi interessa solo tornare a stare al fianco dei tuoi
genitori e di Stefano, Perché l'amicizia, come l'amore e come altri e veri
nobili sentimenti che non accettano condizioni, non possono e non verranno
mai scalfiti da qualsiasi strategia, disgrazia, da qualsiasi evento".
"I tuoi genitori - conclude Solito - sono affamati di verità e giustizia e
spero tanto che trovino delle risposte ai loro perché, che trovino un po' di
pace, di tranquillità, perché perdere un figlio è inumano, è contro-natura e
come poliziotto ti chiedo perdono per tutto quello che ti hanno fatto.
Niente e nessuno potrà riportarti in vita, mi auguro che quanto successo ci
serva a migliorare ancora di più, a cambiare il mondo di tutti i giorni,
specialmente le coscienze degli uomini che, qualunque cosa essi facciano o
dicano, si comportino con umanità, umiltà, coscienza, dignità, lealtà,
onestà, rispetto, onore, perché nessuno possa mai più pensare o possa
permettersi di dire: "l'onestà non paga mai!".
Sinceramente non so come saranno per me i prossimi giorni, mi auguro e spero
di trovare anch'io un po' di pace, di serenità, di tranquillità, di
ritrovare il mio "senso della vita"".
http://www.estense.com/?module=displaystory&story_id=52916&format=html
FERRARA (6 luglio) -
«Volevo che a mio figlio fossero restituiti giustizia, rispetto e dignità.
Adesso tutti i poliziotti che hanno parlato male di Federico dovranno
ricredersi e chiedere scusa.
Non era un drogato, era un ragazzo di 18 anni che amava la vita e che quella
mattina non voleva morire».
Così Lino Aldrovandi, il padre di Federico, ha commentato la sentenza.
«Ma nessuno potrà restituirmi Federico.
Ora voglio soltanto restare solo con mio figlio», ha aggiunto.
Patrizia Moretti, la mamma del giovane, alla lettura della sentenza non ha
trattenuto le lacrime: «Eravamo convinti della colpevolezza dei quattro
poliziotti, ora il tribunale lo ha sancito e così doveva essere.
Ci sono stati momenti in cui ho avuto paura che se la potessero cavare, ma
in fondo ci ho sempre creduto.
Ora quei quattro non devono più indossare la divisa».
http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=19678&sez=HOME_INITALIA&npl=&desc_sez=
Notizia inserita il 6/7/2009
L'ispettore Solito:
''Sono solo e certa gente è capace di tutto''
Lettera di un poliziotto ad Aldro
"Gente che è arrivata a fare quello che ha fatto è capace di tutto".
Sono le parole di un poliziotto.
Un poliziotto che parla di altri poliziotti, suoi colleghi con i quali da
quasi quattro anni non riesce ormai a convivere più.
Sono le parole che Nicola Solito, ispettore della Digos in forza alla
questura di Ferrara, ha scritto in una lettera indirizzata a Federico
Aldrovandi.
Una busta con tre fogli consegnati questa mattina - prima dell'inizio
dell'udienza
definitiva - a Stefano, il fratello di Federico Aldrovandi, prima di sapere
come finirà il processo che vedeva imputati quattro agenti di polizia.
Si ricorderà che fu proprio Solito - chiamato dai colleghi per sapere se
conosceva il ragazzo deceduto (all'inizio si pensò potesse appartenere ai
centri sociali) - a riconoscere il cadavere di Federico in via Ippodromo.
E toccò a lui l'ingrato compito di avvisare la famiglia, diverse ore dopo,
di quanto era accaduto.
Da allora "non c'è notte e giorno che non ti penso - scrive l'ispettore -;
ho sempre davanti agli occhi quella tremenda immagine del tuo corpo senza
vita.
Nonostante il lavoro che faccio, non ci si fa mai l'abitudine a certe
scene e con te è stato devastante perché ti conoscevo".
Solito ricorda anche la scena straziante che fu costretto a vivere, proprio
lui, amico da anni della famiglia:
"Ho davanti agli occhi lo strazio di tuo padre che, inginocchiatosi davanti
mi stringeva forte le gambe urlando:
"Dimmi che non è vero Nicola. dimmi che è uno dei tuoi scherzi.".
Sarebbe stato uno scherzo troppo crudele.
Tante volte quella mattina ho pregato Dio di essere ancora nel mio letto,
che quello che stavo vivendo era un brutto sogno.
Purtroppo era vero.
Con i tuoi genitori abbiamo deciso di non vederci e frequentarci
più per motivi di opportunità, perché non volevamo che qualcuno, nel vederci
insieme, potesse pensare o credere chissà che cosa.
È stata una decisione sofferta ma opportuna.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno e io non ho potuto stargli
accanto".
La lettera continua con un rimprovero implicito a chi intervenne quella
notte.
"Il tuo, era e doveva essere il più semplice degli interventi - si
legge - che una forza di polizia può affrontare e risolvere.
Quella mattina potevi essere chiunque, il figlio di chiunque, la persona
più onesta o disonesta di questo mondo.
Quando ci si trova di fronte a una persona nelle condizioni in cui ti hanno
descritto, la prima cosa da fare è chiamare un'autoambulanza con medico al
seguito.
Nel frattempo si prova a dialogare con chi ti sta di fronte per cercare di
calmarlo, di tranquillizzarlo.
Se poi è violento o diventa violento ci si allontana, ci si chiude in
macchina chiedendo rinforzi.
Una volta arrivato il medico, con questi si concorda su come intervenire.
Di solito si immobilizza il soggetto e il medico pratica un'iniezione con
del calmante.
C'era solo questo da fare e nient'altro".
Quello che è invece accaduto "quella mattina e da quella mattina in poi è un
incubo - continua Solito -.
In tutto quel tempo ho dovuto fare i conti con me stesso e con tutto quello
che mi circonda, da una parte l'uomo e dall'altra il poliziotto, perché io
ero "l'amico" e per questo ho subito gratuitamente delle minacce, battute e
commenti fuori luogo.
Quante volte ho dovuto stringere i denti, fare finta di niente, fare finta
di non aver sentito".
Solito fu chiamato anche in causa come testimone, nell'ipotesi - rivelatasi
poi infondata - che potesse aiutare la ricostruzione dibattimentale.
"Sono fatti, eventi che ti segnano - continua la lettera -, ti sconvolgono
radicalmente la vita, ti sfiancano, specialmente dopo la mia deposizione,
quando qualcuno ti manda a dire:
"purtroppo l'onestà non paga mai!",
come se nella vita a un certo punto devi essere obbligato o forzato a fare
delle scelte o a schierarti, perché non hanno ancora capito che non si
tratta di andare contro il "sistema", di fare il paladino della situazione".
Una situazione che ha "fiaccato" umore e sentimenti dell'ispettore, che
confessa come "si tratta di essere uomini dalla testa ai piedi, perché io la
mattina voglio guardarmi allo specchio e, la sera, quando vado a letto, devo
e voglio dormire con la coscienza a posto.
Son arrivato al punto di non avere più fiducia in nessuno, a non sapere più
di chi fidarmi.
Ho scelto di continuare a essere onesto e sincero come lo sono sempre stato,
a dire spietatamente sempre quello che penso e assumendomi sempre tutte le
mie
responsabilità".
Assunzione di responsabilità non senza conseguenze, se è vero che "questo mi
ha portato ad allontanare inconsciamente e volutamente le persone a cui
voglio bene, le persone che amo, per paura che, quanto mi è accaduto e mi
sta accadendo, che le mie scelte, possano di riflesso e in qualche modo
arrecargli del danno, del male, che possano subire delle rivalse, delle
ripicche.
Gente che è arrivata a fare quello che ha fatto è capace di tutto".
Solito si è portato tutto questo dentro e ha deciso solo la mattina
dell'ultima
udienza di confessare in un foglio tutto questo:
"questa mattina, per la "sentenza", come quella maledetta mattina del 25
settembre, sono e mi sento solo e da solo ho deciso di essere al fianco di
tuo padre Lino, di tua madre Patrizia, di tuo fratello Stefano.
La sentenza, non mi interessa, qualunque essa sia.
Da oggi in poi, mi interessa solo tornare a stare al fianco dei tuoi
genitori e di Stefano, Perché l'amicizia, come l'amore e come altri e veri
nobili sentimenti che non accettano condizioni, non possono e non verranno
mai scalfiti da qualsiasi strategia, disgrazia, da qualsiasi evento".
"I tuoi genitori - conclude Solito - sono affamati di verità e giustizia e
spero tanto che trovino delle risposte ai loro perché, che trovino un po' di
pace, di tranquillità, perché perdere un figlio è inumano, è contro-natura e
come poliziotto ti chiedo perdono per tutto quello che ti hanno fatto.
Niente e nessuno potrà riportarti in vita, mi auguro che quanto successo ci
serva a migliorare ancora di più, a cambiare il mondo di tutti i giorni,
specialmente le coscienze degli uomini che, qualunque cosa essi facciano o
dicano, si comportino con umanità, umiltà, coscienza, dignità, lealtà,
onestà, rispetto, onore, perché nessuno possa mai più pensare o possa
permettersi di dire: "l'onestà non paga mai!".
Sinceramente non so come saranno per me i prossimi giorni, mi auguro e spero
di trovare anch'io un po' di pace, di serenità, di tranquillità, di
ritrovare il mio "senso della vita"".
http://www.estense.com/?module=displaystory&story_id=52916&format=html